Salviamo le rane
Gli anfibi sono tra gli animali più minacciati del pianeta, un terzo delle specie sono vicine all′estinzione. A minacciare la loro sopravvivenza una combinazione letale di vari fattori tra cui la distruzione degli habitat, l′inquinamento diffuso, il cambiamento climatico e la chitridiomicosi, un fungo che sta sterminando gli anfibi di tutto il mondo.
Per questo gli ecologi di Conservation International (CI), Amphibian Specialist Group (ASG) e International Union for the Conservation of Nature (IUCN) hanno appena lanciato una spedizione guidata dal ricercatore Robin Moore per rintracciare e salvare gli ultimi sopravvissuti.
Il rospo dorato del Costa Rica, avvistato l′ultima volta nel 1989, il rospo della Mesopotamia, la rana levantina in Israele, la rana Callixalus pictus, vista l′ultima volta nel 1950 in Congo e Ruanda, sono alcune delle specie probabilmente estinte.
Anche in Italia la popolazione di anfibi sta rapidamente diminuendo. Secondo il Wwf, 28 specie di anfibi su 37 sono a rischio di estinzione, in pericolo sono soprattutto geotritoni, protei e salamandre.
In Italia non esistono leggi che proteggano gli anfibi e la tutela di queste specie è circoscritta alle aree protette e alle poche regioni che hanno legiferato in materia.
I parchi naturali e le zone protette hanno inoltre subito pesanti tagli al bilancio, con conseguenze prevedibilmente devastanti anche per la sopravvivenza degli anfibi. Sono animali importantissimi per valutare lo stato di salute dell′ecosistema e la loro scomparsa indica inequivocabilmente il degrado dell′ambiente nel nostro Paese.
La conservazione degli anfibi è dunque una priorità per la salvaguardia dell′ambiente. Da questo dato è partito il progetto di ricerca degli anfibi scomparsi, che ha scelto il rospo dorato del Costa Rica come simbolo della spedizione. Il rospo dorato (Incilius periglenes) si è probabilmente estinto a causa della siccità e della malattia fungina nel giro di un anno, passando da una popolazione definita "abbondante" a nessun avvistamento.
I risultati della ricerca saranno resi noti a ottobre in Giappone alla Conferenza mondiale dell′Onu sulla biodiversità. Sarà un appuntamento decisivo per la biodiversità perché i governi saranno chiamati a dare risposte e riflettere sulle ragioni per cui l′impegno preso nel 2002 di fermare l′estinzione delle specie animali entro il 2010 è fallito.
Lo ha sottolineato la segreteria della Convenzione Onu sulla Biodiversità, che durante una conferenza tenutasi a metà agosto i Londra ha accusato i governi del pianeta di avere mancato gli obiettivi sulla tutela delle specie a rischio.
«Quello a cui assistiamo oggi è un totale disastro - afferma Ahmed Djoghlaf, segretario esecutivo della Convenzione Onu sulla Biodiversità, in un′intervista al Guardian - nessun Paese ha raggiunto i propri obiettivi su questo tema, e stiamo perdendo biodiversità ad un tasso senza precedenti. Se continuiamo così il punto di non ritorno verrà raggiunto molto presto».
Secondo le stime dagli scienziati, il pianeta perde dalle 150 alle 200 specie di piante o animali ogni giorno, con un ritmo 1.000 volte superiore a quello naturale. «La tutela delle specie e la lotta ai cambiamenti climatici sono problemi strettamente legati, e non si può risolvere l′uno senza affrontare anche l′altro - spiega Djoghlaf -, alla biodiversità si destinano sempre meno fondi e i governi non la mettono mai ai primi posti delle loro politiche. I vari Paesi sono legalmente obbligati ad agire, ma solo 140 hanno una qualche bozza di piano, e solo 16 lo hanno rivisto dal 1993».
Fra i Paesi inadempienti c′è anche l′Italia, che aspetta una legge quadro sulla biodiversità da 16 anni. Nel frattempo, secondo i dati dell′Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nel nostro paese rischia di scomparire il 40% delle piante, il 15% dei mammiferi, il 23% degli uccelli e il 66% dei rettili.
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