Derattizzazioni sul reef

Sono stati soprannominati i ratti degli oceani, sono adattabili, invasivi e prolifici: sono i pesci scorpione. Appartengono al genere Pterois della famiglia Scorpaenidae e si stanno diffondendo in tutti gli oceani del mondo con un tasso riproduttivo preoccupante. Una femmina di Pterois volitans è in grado di deporre fino a 2 milioni di uova ogni anno e le popolazioni di questa specie possono raggiungere densità molto elevate, anche di un individuo ogni 20 metri quadrati di barriera corallina. Una brutta faccenda per il reef, dove l'attività predatoria di questi insaziabili alieni rischia di soppiantare altre specie già di per sé minacciate, come le cernie, o di ridurre drasticamente il numero dei pesci pappagallo, che cibandosi esclusivamente delle alghe che parassitano i coralli contribuiscono al mantenimento dello stato di salute della barriera.

Nel parco di Roatan, situato al largo delle coste dell'Honduras, la situazione alla fine del 2010 sembrava aver raggiunto livelli insostenibili, al punto da indurre l'ente americano National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) a promuovere una campagna per la cattura a fini alimentari dei pesci scorpione. Sulla stessa linea, il personale del parco ha organizzato allo scopo vere e proprie battute di pesca subacquea sportiva, in cui sono stati catturati fino a 1700 pesci scorpione, in un caso addirittura 60 individui da parte di un singolo sommozzatore armato di fucile subacqueo.

Queste misure, tuttavia, appaiono come inutili palliativi dallo scarso impatto ecologico. Come i topi sulla terraferma, infatti, i pesci scorpione si riproducono troppo velocemente e altrettanto rapidamente colonizzano nuove aree della bar riera corallina Caraibica. Il consumo delle loro carni è scoraggiato dalla presenza di ghiandole velenifere nelle spine e le tecniche di pesca tradizionali non sono facilmente applicabili a questa specie senza mettere a repentaglio l'integrità delle formazioni madreporiche, poiché i pesci scorpione vivono tra gli anfratti della barriera corallina.

Per aggirare questi ostacoli, i biologi del parco marino di Roatan hanno iniziato a sperimentare la più antica e (forse) efficace forma di derattizzazione: i gatti.... o meglio, gli squali.

Cacciatore naturale al vertice della catena alimentare del reef, lo squalo grigio di scogliera (Carcharhinus amblyrhynchos) sembra rappresentare una buona soluzione per il controllo delle popolazioni di pesci scorpione, le cui spine velenose non sortiscono alcun effetto su questi predatori. Abituando gli squali al sapore delle loro carni attraverso la somministrazione di pesci scorpione morti, i ricercatori cercano di stimolare un istinto predatorio verso questa specie invasiva. Il passo successivo consiste nell'indurre negli squali un atteggiamento di caccia attivo, sottoponendo alla loro attenzione pesci scorpione vivi, feriti o disorientati in seguito alla cattura.

L'obiettivo finale, orientare gli squali verso un comportamento alimentare mirato soprattutto ai pesci scorpione, sembra essere però ancora lontano. Come tutti i predatori, infatti, anche gli squali grigi si cibano delle prede che forniscono loro i maggiori benefici in termini energetici con il minimo sforzo per la loro cattura.

Per i "gattoni" del reef, insomma, insidiare un pesce scorpione tra gli anfratti potrebbe essere molto più faticoso che inseguire un branco di carangidi o di lutianidi. Sempre che i "topi", ovviamente, non siano così abbondanti da rappresentare un pasto più facile e disponibile rispetto a tutti gli altri.

Luca Zinzula

 

foto squali grigi di scogliera: dalla rete, National Geographic, Antonio Busiello


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