Il pesce è finito

Dagli anni ‘50 sino al 2005 l′attività di pesca si è estesa sulla superficie acquea dell′intero pianeta ad un tasso vertiginoso, espandendosi ogni anno di circa un grado di latitudine. Si parla di un milione di chilometri quadrati all′anno dal 1950 al 1970, che sono divenuti tre milioni per anno sino alla fine degli anni ‘90. Per intenderci, un incremento annuo della superficie sottoposta a sfruttamento delle risorse ittiche grande quanto l′Amazzonia. Tale espansione è stata accompagnata da un incremento delle catture di circa cinque volte nel corso di mezzo secolo: dai 19 milioni di tonnellate di pesce pescato nel 1950, sino ai 90 milioni di tonnellate attuali.

Sostenere l′attuale domanda di prodotto ittico è semplicemente impossibile. Se i mercati nei paesi industrializzati continuano ad apparire stracolmi di pesce non è perché tale risorsa sia infinita, né perché ve ne sia ancora abbastanza. Per compensare il depauperamento delle risorse costiere locali, il pesce che vediamo al banco viene da altrove, catturato un po′ più in là, un po′ più lontano, finché c′è mare a disposizione.

Ma adesso questo mare è finito. Non vi sono più nuovi luoghi dove gettare le reti ed anche il pesce da pescare sta finendo. Come se non bastasse, meno dello 0.1 % della superficie acquea del globo è destinato a riserve naturali dove sia possibile un ripopolamento.

Per determinare quale sia l′impatto dell′attività di pesca nelle varie aree del pianeta sottoposte a sfruttamento, i ricercatori della British Columbia e del National Geographic hanno ideato un modello matematico, denominato SeafoodPrint, capace di quantificare la produzione primaria, ossia l′ammontare di microscopici organismi planctonici alla base della catena alimentare necessari a sostenere una data quantità di pesce. SeafoodPrint, secondo i loro creatori, permetterebbe di rilevare "l′impronta digitale ecologica", in termini di produttività, di qualunque specchio di mare, consentendo in tal modo di calibrare l′espansione spaziale dell′attività di pesca e di indirizzare lo sfruttamento verso le specie maggiormente rappresentate in quell′area.

 


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